Quelle estati di treni ed esplosioni io me le ricordo molto bene. Fu una stagione lunga dal 1980 al 1985 circa. Era la bella stagione in cui da Firenze ogni tanto prendevo il treno coi miei familiari per raggiungere la nostra località di mare, vicino Livorno. Erano stagioni diverse: all’inizio ero ancora piccola e non sapevo leggere, ma le foto dei giornali e i telegiornali me li ricordo bene, poi negli anni imparai a leggere da sola per cercare di capire. Le domande per cercare di capire invece non ho mai smesso di farle. I miei occhi non comprendevano il motivo di tali carneficine, non comprendevano ovviamente perchè alcune persone distruggevano la vita di altre che non c’entravano niente. Ho sempre cercato altre risposte negli anni successivi, nei libri di storia, nelle inchieste. Ricordo che per un bel po’ non viaggiavo volentieri in treno e non sostavo volentieri nelle stazioni: avevo paura che scoppiasse qualcosa da un momento all’altro. Poi l’infanzia passa e le paure se ne vanno lasciando solo domande. Nel corso dei tanti anni che sono trascorsi da allora ho coltivato in me la speranza forse illusoria che non capitasse più, non ai bambini, di avere paura di andare in treno o di trovarsi per caso in una piazza durante un attentato terroristico. So benissimo che nel resto del mondo trovarsi sotto le bombe è una quotidianità che avviene da decenni. Eppure quando ho visto il mio bambino impaurirsi per un camion impazzito sul lungomare o per una sparatoria in un fast food ho pensato che davvero allora il tempo è immobile se le tragedie si ripropongono spettrali e fedeli a se stesse, ho visto lui e la me che ero con la stessa paura. Occorre davvero credere ancora e fare nella nostra piccola ordinaria quotidianità di tutto perchè la paura generata dalla lucida follia di certi estremismi non offenda più la sicurezza dei bambini, in ogni angolo di terra.

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