Villa del seminario (recensione libro)

Villa del Seminario (S. Naspini, E/O ed, 2023)

Il libro

“Villa del Seminario” è il libro di Sacha Naspini, pubblicato nel 2023 e ispirato a fatti realmente accaduti nel grossetano tra il 1943 e il 1944.

La storia si svolge nel piccolo borgo de “Le case”, appartato dal mondo e dai drammi sconvolgenti della Seconda guerra mondiale.

Protagonista è Renè, detto Settebello, il ciabattino cinquantenne del paese, che vive un’esistenza sobria fatta di lavoro, senza un famiglia e legato per una profonda  amicizia (o forse qualcosa di più) a Anna. Quando Edoardo, il figlio di Anna, viene ucciso dalla Wehrmacht in quanto disertore, nella donna rapidamente si fa spazio il desiderio di rivoluzione e riscatto che la porterà a nascondersi nei boschi con i ribelli per perseguire fattivamente un’ideale di giustizia.

Nel frattempo, con la concessione ecclesiastica, la Villa del Seminario viene trasformata in campo di concentramento dove saranno detenuti ebrei e altri soggetti ritenuti pericolosi.

La scomparsa di Anna smuove la coscienza di Renè e, spinto dall’amore e dalla consapevolezza della Resistenza, da spettatore quale era gioca un ruolo attivo nella vicenda storica narrata.

In paese, intanto, si diffonde la notizia che un manipolo di ribelli, fra cui una donna, è stato preso e tenuto in ostaggio nella Villa del Seminario. Anche Renè finirà qui, animato dalla speranza di salvaguardare la donna amata e di difendere una giusta causa.

Note al margine

Il libro di Sacha Naspini offre un punto di vista stimolante su un fatto storico importante e poco noto: il campo di concentramento aperto in Maremma con il consenso della Diocesi, unico caso in Europa.

Quello che colpisce nella storia sono le prese di coscienza da parte dei personaggi, per cui la Resistenza diventa un fatto di maturazione personale e in entrambi i casi, quelli di Renè e di Anna, motivato anche da sentimenti personali di amore oltre che di condivisione collettiva di valori.

L’evoluzione dei personaggi e dei fatti tengono alta la tensione nel lettore, e l’idea di sviluppare una vicenda personale all’interno di un fatto storico realmente accaduto rende l’opera ricca di spunti di riflessione e di intarsi con l’attualità.

Infatti, Sacha Naspini riesce con maestria a gestire la materia storica rendendola opera narrativa e tracciando il dramma e le contraddizioni del 1943-44 in Italia,

Nei primi capitoli si delineano i fatti e l’adesione nelle brigate ribelli e la vita dei boschi: echeggiano nello stile le migliori opere sulla Resistenza a partire dai romanzi di Fenoglio.

Interessante è la parte finale del libro, la sezione “Vent’anni dopo” che in brevi, poetici e talvolta amari capitoli si interroga sul valore della memoria, del revisionismo strisciante, dell’oblio, dell’eredità lasciata dai fatti storici di quel tempo.

Accanto ai personaggi principali e secondari ben delineati, troviamo una galleria di comunità che impattano in modo significativo la trama e la Storia: gli abitanti sospettosi e chiacchieroni de “le case”, la comunità ecclesiastica, i soldati.

#25aprile voci letture storie

Era da tanto che non registravo una lettura ad alta voce e mi è piaciuto farlo con il monologo di #Scurati per il #25aprile . Intorno a queste parole ho raccolto i libri che in qualche modo hanno costruito e continuano a costruire la mia coscienza antifascista. Grata a tutti questi libri e autori che hanno raccontato la nostra #resistenza e che fanno parte di me.

La fabbrica delle storie (recensione libro)

La fabbrica delle storie (Bruner, 2006, Laterza)

Il libro

In questo libro, lo psicologo Bruner traccia la narrazione come strumento di analisi e introspezione in tre settori: legale, letterario, autobiografico.

L’analisi di Bruner è supportata da numerosi esempi letterari e il pensiero narrativo, base della teoria di Bruner, è posto a fondamento del rapporto con il sé e con gli altri.

La nostra storia, le nostre relazioni, i nostri accadimenti sono dettati dallo strumento della narrazione che, quando è compromesso per gravi patologie, come l’Alzheimer, tutta la persona ne risente.

Ampio rilievo viene conferito alla psicologia culturale come rapporto costante tra cultura e psiche in grado di costruire significato nel quotidiano soprattutto grazie alla piscologia popolare.

Note al margine

Il testo di Bruner, pur essendo un saggio, ha il dono della scorrevolezza e dell’alta leggibilità anche per il vasto pubblico. Pur approfondendo temi importanti per educatori, psicologi, autori e lettori, offre spunti di riflessione utili a tutti. Memoria selettiva, responsabilità delle parole, rappresentazione di sé mediante il racconto, il racconto come psicoterapia, sono solo alcuni dei temi di stringente attualità che Bruner approfondisce con vividezza in modo illuminante.

Altro punto importante è la narrazione come strumento di autoanalisi, di approccio col mondo e di esplorazione del possibile: un testo non solo teorico ma ricco di spunti pratici che possono essere utilizzati in diversi settori e anche nella personale quotidianità.

Scurati

Scurati. Una vicenda che ci riguarda tutti. Al di là come la si pensi. Una vicenda che ha un peso politico, intellettuale e sociale importante. È questione del peggior governo che abbiamo avuto in termini di democrazia, e le tante vicende di questa settimana lo hanno dimostrato. È la distruzione definitiva del servizio pubblico (o di quel che restava). È una questione di autori e di lettori, ma, in primis, di liberi cittadini.

Alla fine è sabato

Sarebbe stata una settimana difficile, ma lo sapevi. E, in fin dei conti, ti eri organizzata, come sempre. Come se bastassero gli incastri faticosamente definiti per rinchiudere la straripante improvvisazione delle vita.

Ma le piccole grandi catastrofi quotidiane non sono ponderabili, hai pensato a Saturno contro, con tutto il resto dei pianeti, conosciuti e non.

Piccoli incidenti di spicciola cronaca, o imprevisti talmente grandi da non poterci fare niente, figuriamoci gestirli. A volte non è concesso nemmeno di giocare la propria partita, calcio o scacchi che siano.

Ma alla fine ce l’hai fatta. Quel che doveva succedere è accaduto, nel bene e nel male. Ti restano addosso i ritagli di soddisfazione e felicità che non sono mancati e soprattutto risate rumorese, non previste.

Anche se a volte sembra di doverla difendere troppo la propria serenità… specialmente dalle mentalità ristrette, annoiate, abili però a sfracassare le piccole grandi bellezze.

Alla fine è sabato. Non è piovuto, ho potuto fare una stupenda camminata, piccole commissioni, numerose coccole, recuperare il tempo sottratto alle relazioni (purtroppo è un momento in cui non riesco a stare il passo oppure sto scegliendo di dare spazio solo a ciò che vale la pena), ho giocato, selezionato scatti da quel terribile 2019, ho avuto anche tempo di scrivere due pensieri a caso, e non era previsto. Mi sembra un bel sabato.

Nero come la moda (recensione libro)

Nero come la moda (G. Peruzio, Porto Seguro, 2023)

“Nero come la moda” è l’ultimo giallo di Giorgio Peruzio che ripropone come investigatore il vicequestore Gabuzzi. Nella trama si intrecciano due indagini riguardanti da un lato il mondo della moda, dall’altro il potere dei social in fatto di informazioni devianti e subdole. Dietro a questi ingredienti ben amalgamati c’è un’organizzazione criminale operosa e diabolica, meccanismi che per Gabuzzi diventano prioritari da smantellare, oltre la ricerca del colpevole.

Giorgio Peruzio si conferma un abile compositore di gialli, eccellendo nella costruzione meticolosa di situazioni, intrighi e relazioni su cui si snodano le numerose pagine del romanzo. La storia è accattivante e il mondo del pret a porter si presta per scovare intrighi e inattesi labirinti in cui troviamo un investigatore già noto, Gabuzzi, La ricchezza della storia è nello stile, molto accurato che si articola su un lessico ricercato e calzante con la materia narrativa. I personaggi e colpi di scena catalizzano l’attenzione del lettore verso il quale Peruzio mostra un grande rispetto ma anche una capacità di interazione evidente. Il lettore nei suoi gialli è sempre una parte attiva, in quanto le storie e le situazioni chiamano spesso in causa chi legge suscitando domande e spunti di riflessione. Felice la scelta di proseguire con il protagonista Gabuzzi, già presente nelle precedenti opere, capace di ritagliarsi uno spazio nuovo e ben definito nella costellazione degli investigatori più accattivanti.  

Frances è tornata

Lunedì, dopo molti anni,  Frances è tornata con me. Erano anni che non stavamo insieme. Frances, nota come Barbie California, classe 1987, è stata la mia ultima Barbie. Ero già grandicella, ma con la scusa della sorella più piccola ho protratto certi giochi per un bel po’. Frances (nome derivato da un film nella tv in bianco e nero qualche estate prima in quella alcova che era Quercianella sul Romito, mi pare si intitolasse “i cavalloni”) ha rappresentato per me l’ultima stagione dei giochi, nonché l’interprete più prolifica nelle numerose sceneggiature che quotidianamente producevo con le Barbie. Storie sentimentali, avventurose, di guerra, di viaggi. Ricordo con molto amore i pomeriggi a giocare insieme e tutte le storie che inventavano. Ma Francis per me non era soltanto la protagonista delle mie invenzioni, nel giro di poco tempo divenne la proiezione della vita che aspettavo. Poco dopo mi sarei trasferita da Firenze a Viareggio e allora sognavo la mia nuova città come fosse la California: mi vedevo così, colori sgargianti, la Gear ai piedi, sole, mare, amici. In realtà la mia nuova vita non fu propriamente così, e persi un po’ della mia infanzia e persi anche Frances tra un trasloco e l’altro. Essere tornate insieme ha significato permettermi di coccolare quella bambina curiosa, malinconica, insicura e entusiasta che si stava proiettando verso una nuova età. Bentornata Frances.

Maya tra le nuvole

“Ti ho guardata e per il momento
Non esistono due occhi come i tuoi
Così neri, così soli che
Se mi guardi ancora e non li muovi
Diventan belli anche i miei” (L. Dalla)
Ma tu lo sai. Tra l’inizio e la fine c’è stata una storia unica, fatta di camminate, rispetto, allegria e tanto amore, tantissimo. Ci hai insegnato a essere branco, e, nelle ultime ore, come si attraversa il dolore. Sei stata la prima cosa grande e bella del nostro giovane amore: prendersi cura di qualcun altro insieme non è roba da poco, ma ne vale sicuramente la pena.
Il tuo ultimo gesto: guardarmi quando sono arrivata, alzarti e andare a bere, cosa che non facevi da 24 ore, l’arco di tempo in cui tutto è crollato. Un gesto d’amore.
Abbiamo potuto starti vicino, non lasciarti mai, salutarti. In fondo sei sempre stata la nostra principessa. Racchiudi tanto della nostra storia, delle persone per noi preziose che ti hanno incontrato. Sei stata amatissima, hai viaggiato tanto con noi, e giocato e riso (sì, è chiaro che i cani ridono).
Nel mio mondo da favola io so che andrai in un bel posto, dove troverai persone care, animali cari anche a te.
Hai insegnato ai miei figli come si accudisce, come si convive, come si cresce insieme e anche come ci si separa, almeno fisicamente.
Hai avuto un sacco di amici, non solo umani, come perfetto esempio di convivenza pacifica: Lara, Flic, Luna, Lilla, Leila, Mambo, Milla…le tue sorelle feline Priscilla e Blu.
Mi mancherà farti da mangiare, parlarti, guardarti con complicità, sorriderti mentre mi allaccio le scarpe e tu scodinzoli perché hai capito che usciamo. Tu, la mia compagna.
Per il resto continuerò a camminare, un po’ più sola, ma ogni luogo mi racconterà di te.
E soprattutto mi porterò addosso il tuo essere selvatico… Quell’ euforia di vita che sempre ti ha caratterizzato e quel fiutare l’esistenza con fare istintivo che, grazie anche a te, ho reso una parte importante di me.
Grazie mia, nostra Maya♥️

Breve Bio
Maya (nomi di diversi origini e significati, madre», «nutrice», e a volte «nonna», e porta in una sfera mitologica di alta dignità femminile. Vuol dire anche illusione e acqua, dipende da quale lingua prendi come riferimento e che io, nel mio ottimismo di allora, ho capiato dalla neo nipote di una mia collega perché mi piaceva tanto questo nome e non sapendo se mai avrei avuto una figlia, l’ho messo al cane) dicevo, in origine Vanessa, è nata in Emilia il 5 gennaio 2009 in un allevamento e cresciuta a Genova, in una situazione difficile. Noi cercavamo un beagle (perché amanti di Snoopy) e l’abbiamo trovata su una pagina fb,ci è stata donata all’ età di 3 mesi. Amava stare sul divano, accudirci tutti, correre (soprattutto in spiaggia e in pineta), giocare con i bambini, camminare, mangiare, ascoltare. Euforica, ostinata, coccolona, generosa, creativa, amorevole, con grande indole per le parti drammatiche e humor inglese.
È convissuta con 2 adulti, 2 bambini e 2 gatti (uno per volta).
Corteggiatissima e apprezzata fin in tarda età, ci ha lasciato rapidamente e serenamente il 6 aprile 2024, dopo una lunga vita intensa e serena, a misura di cane (amatissimo).
Grazie a mia mamma che ha fatto con me al telefono qualche ora in bianco in una notte brutta e per averla accudita sempre, ai miei bimbi perché i loro quesiti anche nei momenti difficili ti fanno amare di più la vita, ai veterinari Francesco e Giulia pieni di rispetto e umanità, a Vittoria Pea perché con lei gli animali non sono solo animali ma anche animali, e a Juri che quel giorno quando ho detto prendiamo un cane mi ha detto sí.

La gioia in 5 cose

Quali sono le 5 cose quotidiane che ti donano gioia?

1) L’amore dei miei figli.

2) Ridere con le mie amiche.

3) I piccoli dettagli quotidiani che assumono bellezza.

4) Avere qualcuno su cui contare.

5) Perseguire i miei progetti.