1 maggio: per il pane, per le rose, per i libri

1 maggio. Desideri/aspettative. Per il pane, e per le rose.

1) sicurezza sul lavoro

2) salari adeguati e dignitosi

3) opportunità

4) soddisfazione

5) serenità

(Per la 4 e la 5: perché il lavoro sfama e aiuta, ma ricopre anche tante ore e pensieri della nostra giornata,forma ciò che siamo…per cui sì, anche la 4 e la 5)

In ogni caso, buon primo maggio.

Nb un po’ di Rigoni Stern, e del coraggio di dire no, di questi tempi.

« Leggete, studiate e lavorate sempre con etica e con passione. Ragionate con la vostra testa e imparate a dire dei no. Siate ribelli per giusta causa e difendete la natura e i più deboli. Non siate conformisti e non accodatevi al carro del vincitore. Siate forti e siate liberi, altrimenti quando sarete vecchi e deboli rimpiangerete le montagne che non avete salito e le battaglie che non avete combattuto.»

Mario Rigoni Stern, “Il coraggio di dire no. Conversazioni e interviste 1963-2007”

per l’occasione 4 libri sul lavoro che ho amato in 4 epoche diverse della mia vita

  1. Metello (V. Pratolini) … appassionato.
  2. Furore (J. Steinbeck)… epico.
  3. La vita agra (L. Bianciardi)… necessario
  4. Amianto (A. Prunetti)… graffiante

Villa del seminario (recensione libro)

Villa del Seminario (S. Naspini, E/O ed, 2023)

Il libro

“Villa del Seminario” è il libro di Sacha Naspini, pubblicato nel 2023 e ispirato a fatti realmente accaduti nel grossetano tra il 1943 e il 1944.

La storia si svolge nel piccolo borgo de “Le case”, appartato dal mondo e dai drammi sconvolgenti della Seconda guerra mondiale.

Protagonista è Renè, detto Settebello, il ciabattino cinquantenne del paese, che vive un’esistenza sobria fatta di lavoro, senza un famiglia e legato per una profonda  amicizia (o forse qualcosa di più) a Anna. Quando Edoardo, il figlio di Anna, viene ucciso dalla Wehrmacht in quanto disertore, nella donna rapidamente si fa spazio il desiderio di rivoluzione e riscatto che la porterà a nascondersi nei boschi con i ribelli per perseguire fattivamente un’ideale di giustizia.

Nel frattempo, con la concessione ecclesiastica, la Villa del Seminario viene trasformata in campo di concentramento dove saranno detenuti ebrei e altri soggetti ritenuti pericolosi.

La scomparsa di Anna smuove la coscienza di Renè e, spinto dall’amore e dalla consapevolezza della Resistenza, da spettatore quale era gioca un ruolo attivo nella vicenda storica narrata.

In paese, intanto, si diffonde la notizia che un manipolo di ribelli, fra cui una donna, è stato preso e tenuto in ostaggio nella Villa del Seminario. Anche Renè finirà qui, animato dalla speranza di salvaguardare la donna amata e di difendere una giusta causa.

Note al margine

Il libro di Sacha Naspini offre un punto di vista stimolante su un fatto storico importante e poco noto: il campo di concentramento aperto in Maremma con il consenso della Diocesi, unico caso in Europa.

Quello che colpisce nella storia sono le prese di coscienza da parte dei personaggi, per cui la Resistenza diventa un fatto di maturazione personale e in entrambi i casi, quelli di Renè e di Anna, motivato anche da sentimenti personali di amore oltre che di condivisione collettiva di valori.

L’evoluzione dei personaggi e dei fatti tengono alta la tensione nel lettore, e l’idea di sviluppare una vicenda personale all’interno di un fatto storico realmente accaduto rende l’opera ricca di spunti di riflessione e di intarsi con l’attualità.

Infatti, Sacha Naspini riesce con maestria a gestire la materia storica rendendola opera narrativa e tracciando il dramma e le contraddizioni del 1943-44 in Italia,

Nei primi capitoli si delineano i fatti e l’adesione nelle brigate ribelli e la vita dei boschi: echeggiano nello stile le migliori opere sulla Resistenza a partire dai romanzi di Fenoglio.

Interessante è la parte finale del libro, la sezione “Vent’anni dopo” che in brevi, poetici e talvolta amari capitoli si interroga sul valore della memoria, del revisionismo strisciante, dell’oblio, dell’eredità lasciata dai fatti storici di quel tempo.

Accanto ai personaggi principali e secondari ben delineati, troviamo una galleria di comunità che impattano in modo significativo la trama e la Storia: gli abitanti sospettosi e chiacchieroni de “le case”, la comunità ecclesiastica, i soldati.

La fabbrica delle storie (recensione libro)

La fabbrica delle storie (Bruner, 2006, Laterza)

Il libro

In questo libro, lo psicologo Bruner traccia la narrazione come strumento di analisi e introspezione in tre settori: legale, letterario, autobiografico.

L’analisi di Bruner è supportata da numerosi esempi letterari e il pensiero narrativo, base della teoria di Bruner, è posto a fondamento del rapporto con il sé e con gli altri.

La nostra storia, le nostre relazioni, i nostri accadimenti sono dettati dallo strumento della narrazione che, quando è compromesso per gravi patologie, come l’Alzheimer, tutta la persona ne risente.

Ampio rilievo viene conferito alla psicologia culturale come rapporto costante tra cultura e psiche in grado di costruire significato nel quotidiano soprattutto grazie alla piscologia popolare.

Note al margine

Il testo di Bruner, pur essendo un saggio, ha il dono della scorrevolezza e dell’alta leggibilità anche per il vasto pubblico. Pur approfondendo temi importanti per educatori, psicologi, autori e lettori, offre spunti di riflessione utili a tutti. Memoria selettiva, responsabilità delle parole, rappresentazione di sé mediante il racconto, il racconto come psicoterapia, sono solo alcuni dei temi di stringente attualità che Bruner approfondisce con vividezza in modo illuminante.

Altro punto importante è la narrazione come strumento di autoanalisi, di approccio col mondo e di esplorazione del possibile: un testo non solo teorico ma ricco di spunti pratici che possono essere utilizzati in diversi settori e anche nella personale quotidianità.

Nero come la moda (recensione libro)

Nero come la moda (G. Peruzio, Porto Seguro, 2023)

“Nero come la moda” è l’ultimo giallo di Giorgio Peruzio che ripropone come investigatore il vicequestore Gabuzzi. Nella trama si intrecciano due indagini riguardanti da un lato il mondo della moda, dall’altro il potere dei social in fatto di informazioni devianti e subdole. Dietro a questi ingredienti ben amalgamati c’è un’organizzazione criminale operosa e diabolica, meccanismi che per Gabuzzi diventano prioritari da smantellare, oltre la ricerca del colpevole.

Giorgio Peruzio si conferma un abile compositore di gialli, eccellendo nella costruzione meticolosa di situazioni, intrighi e relazioni su cui si snodano le numerose pagine del romanzo. La storia è accattivante e il mondo del pret a porter si presta per scovare intrighi e inattesi labirinti in cui troviamo un investigatore già noto, Gabuzzi, La ricchezza della storia è nello stile, molto accurato che si articola su un lessico ricercato e calzante con la materia narrativa. I personaggi e colpi di scena catalizzano l’attenzione del lettore verso il quale Peruzio mostra un grande rispetto ma anche una capacità di interazione evidente. Il lettore nei suoi gialli è sempre una parte attiva, in quanto le storie e le situazioni chiamano spesso in causa chi legge suscitando domande e spunti di riflessione. Felice la scelta di proseguire con il protagonista Gabuzzi, già presente nelle precedenti opere, capace di ritagliarsi uno spazio nuovo e ben definito nella costellazione degli investigatori più accattivanti.  

La cura del male (recensione libro)

La cura del male, Ilario Giannini,Porto Seguro, 2023

Marco è il protagonista di questo romanzo scritto da Ilario Giannini, autore toscano. Cosa fa Marco? Ama correre, correre a più non posso, una vera passione, quasi ossessiva, che provoca in lui un processo biochimico anomalo. In preda a un fisico affetto da obesità e stato tumorale avanzato, grazie al rinnovamento delle cellule innescato dalla corsa, si ritrova così in un corpo atletico e giovane. A questo si associano altri sintomi di complessa gestione: desiderio di mangiare molte proteine, soprattutto carne al sangue, una violenza degenerativa e stati di amnesia. Il cocktail di questi elementi fa sì che, inconsciamente, Marco si trovi a vivere situazioni spiacevoli e pericolose, ricostruibili con l’aiuto della tecnologia.

Il romanzo di Ilario Giannini è costruito in modo interessante e lo stile risulta nitido e accattivante. Ho trovato originale il tema e la capacità dell’autore di far confluire nella trama aspetti distopici e thriller senza perdere identità e mordente. Nel libro, infatti, la tensione è ben dosata e la storia verosimile, a conferma della cura che l’autore impiega nelle proprie opere.

Momenti ironici e divertenti alternati a colpi di scena mai scontati, donano ritmo alla narrazione.

Un romanzo piacevole da leggere che offre interessanti spunti di riflessione.

Le recensioni di Marzo

A marzo ho letto molti libri grazie ai gruppi di lettura, alle collaborazioni con librerie, riviste e radio. Per alcuni di questi ho scritto una recensione. Ho pensato di inserire per ogni libro scelto una frase collegata alle altre letture. Il file rouge di questo mese è: NON AVER PAURA! Buona lettura!

Scoprendo “abbacadora”

Abbacadora, Michela Murgia, Einaudi 2009

Della Murgia avevo letto fino ad ora i suoi testi da attivista e i saggi, mi mancava questo prezioso tassello che è il romanzo da molti ritenuto il suo capolavoro, quindi grazie per avermelo fatto scoprire. Mi ha colpito molto la delicatezza e l’idea di affrontare un tema complesso come l’eutanasia (soprattutto nella morte di Nicola) contestualizzandolo nella Sardegna degli anni 50. Eppure riesce a mantenere alta l’attenzione in riferimento alla nostra attualità e far emergere il concetto di fondo ricorrente nei suoi libri: prima di giudicare, bisogna comprendere. Attraverso l’accabadora e il suo rapporto con Maria, viene sfiorato anche il rilevante tema dell’ adozione e dei rapporti oltre i legami di sangue, altro elemento chiave dell’ attività della Murgia. Ho trovato pervasiva e ben fatta la descrizione della Sardegna, apparente misteriosa e aspra, eppure così dinamica come i personaggi del libro. Il linguaggio della Murgia mi ha fatto riflettere: ben cesellato, dove le parole in Sardo si intagliano molto bene nel resto del discorso, forse un po’ freddo il che contribuisce, a mio avviso, a rendere poco empatiche le protagoniste nei confronti del lettore. Gli anni a Torino sono meno interessanti, ma resta un gran libro…e mi son chiesta: visto che è stato un gran libro da subito, come mai la Murgia non ha proseguito la strada della narrazione in romanzi?

9:22 PM

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Cara Elisa (lettera ai personaggi)

Cara Elisa, inizio da te che sei il punto luce di “Blutrasparente”, il mio romanzo. Sì, di te che non sappiamo molto se non dai racconti altrui, di te che pronunci poche e flebili parole. Di te hanno avuto cura molti lettori particolarmente sensibili, e alcuni intervistatori come Andrea e Michela, che al tuo personaggio hanno dato spazio nelle presentazioni che ho avuto il piacere di fare con loro. Tu Elisa, così fragile, così sospesa nella vita non vita che è il coma, tu così fuori dal mondo anche quando stavi bene, con un passato che non ti sei scelta e i disagi psicologici protratti pericolosamente anche nell’età adulta. La parte saggia in un trio di ragazzine, l’ago della bilancia… che grande peso essere l’ago della bilancia, tenere gli equilibri. Tu, troppo sensibile perché senza scorza, tu così profonda, così generosa da pensare sempre agli altri e così segreta, al tempo stesso forza e debolezza, dubbio e inadeguatezza. Rappresenti tutto ciò che nella società di oggi anche le persone migliori fanno fatica ad accettare. Sei il motore che avvia la storia e in qualche modo, in tanti mi hanno scritto questo, colei che tiene col fiato sospeso fino all’ultima pagina. Eppure, quando ho scritto di te l’ho fatto lasciandomi andare, con leggerezza e amore. Sai Elisa, ho ricominciato a revisionare il secondo romanzo, ma era necessario prima distaccarmi da voi… Però poi c’è una sequenza lì e ho capito che non ho mai smesso di parlare di te. Perché se me lo chiedono da cosa è nato “Blutrasparente” io rispondo sempre che nasce dall’idea di una casa dell’infanzia ora da svuotare, dopo tanti anni, pieni di generazioni, gioie dolori e storie. Ma so che c’era anche l’urgenza allora di trattenerti perché sentivo che stavi scivolando via da me, da noi senza reversibilità. Allora era il mio tentativo forse stupido di pensare che saresti tornata indietro dai tuoi incubi, dalle tue angosce e così è stato anche dopo. In fondo la scrittura serve anche questo: alleviare il senso di colpa e di inutilità, trattenere almeno con le parole ciò che viene strappato via. Tu sei sempre con me, nelle ultime settimane mi sembra di vederti in un’auto che sfreccia, in una ragazza che cammina incontro a me e molti altri volti che portano il tuo ricordo e i tuoi anni felici ma mai facili. L’altro giorno mi sei mancata un casino, era successa una cosa e tu eri l’unica persona al mondo a cui mi sentivo di raccontarla, perché mi hai sempre accolto, senza giudizio, ma non potevo. E allora sai, potrai cambiare nome, età, sesso nelle storie che saranno, ma tu in qualche angolo della trama ci sarai sempre, almeno lì, dove niente può strapparti via.

Dicono di “Blutrasparente” (recensione di Anna Rita Vizzari)

dal profilo FB di Anna Rita, docente.

Ho appena finito di leggere “Blutrasparente” di Erika Pucci (Editore Porto Seguro).

Il romanzo è scritto in prima persona ed è preceduto da una mappa dei personaggi che vorrei ritrovare quantomeno nei libri gialli. In realtà poi mi sono dimenticata della sua (utile) esistenza, perché mi impongo sempre di memorizzare i nomi, a costo di andare avanti e tornare indietro.

Nel romanzo si alternano 11 arie e 10 capitoli in cui vediamo lo stratificarsi di generazioni con, sullo sfondo, le vicende del periodo. Un po’ come avviene in Marco Vichi, soltanto con un respiro cronologico più ampio.

Quando leggo, lo faccio con la penna in mano per due motivi: correggere eventuali refusi (in questo gesto ci sono il mio breve passato da “revisora di testi” e il mio lungo presente da prof. di Lettere) e segnare tutto ciò che mi colpisce: calembour, figure retoriche, frasi che possono essere elevate a massime.

Ecco alcune perle stilistiche:

– «coi suoi ritmi, i suoi miti, i suoi riti»: se fosse stato “ritmi, riti e miti” avremmo avuto una sequenza enigmistica da “Bersaglio”;

– «contatti e contratti»: un calembour che è anche un rapporto causa-effetto;

– «atlanti mentali»: una bella immagine arricchita dalle allitterazioni.

Ed ecco alcune frasi significative per me:

– «In questi anni ho fatto di tutto per non pensare a me»;

– «Il cuore è un organo anarchico»;

– «Le cose vanno dette e fatte; “ora” è l’unico tempo sensato».

Erika è giovane e saggia, ha riversato in quest’opera tanto della sua notevole esperienza di lettrice forte, di organizzatrice di eventi letterari, di insegnante, di animatrice digitale e altro.

Nella foto, io con il libro e con Loki (il nostro giovane gatto “paziente oncologico”) sabato sera.

Grazie, Erika, per la tua splendida opera. ❤

#Blutrasparente qualcosa di personale

Qualcosa di personale Kesia in cerca del #Blutrasparente.Kesia che spiega a tutti che la protagonista si chiama come lei ma ha il nome con la Z e lo indica sul retro copertina. E che si preoccupa di sapere se nel libro c’è anche il nome di suo fratello.Kesia che chiede che colore è “blutrasparente” e lo cerca in giro, soprattutto tra i bicchieri.Kesia che viene alle presentazioni, fa amicizia con i librai e si lamenta se, di 20 copie, ne rimangono ancora due perché vanno vendute tutte, mostrando una capacità imprenditoriale notevole, credo l’unica dotata di questo aspetto.Kesia che mi dice, guardando tante copie, “Mamma sei stata furbina a scrivere molti libri…li hai fatti tutti uguali!”Kesia che appoggia i suoi disegni “sul libro che ha inventato la mamma” e questo verbo mi piace moltissimo.Kesia in pigiama che si mette con le casse portatili sul divano per ascoltare i podcast della radio dove dico il suo nome e perché ancora non ha capito come fa la mamma a essere “dentro la radio” ma certamente, studiandoci, lo capirà.Kesia, per cui questa storia è stata scritta, quanto pensavo che non sarebbe mai esistita la mia Kesia in carne e ossa.Kesia che , come suo fratello, mi guarda felice, impegnata, trafelata perché imparino che fare ciò che ci piace e che sogniamo, seppur in mezzo a mille difficoltà, è qualcosa che ci rende liberi. Liberi di essere noi stessi.

purtroppo

Quello che leggi qui è tutto autobiografico. Soprattutto le cose inventate.

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